giovedì 9 luglio 2020



Un anno senza tufo e senza il vanto

che ogni Contrada fa delle sue gesta 

per rendere gli onori della Festa

al proprio nome e al nome del suo Santo.

 

Siena ha vissuto tempi ben più amari

e ha sopportato assai più di un oltraggio

mostrando quella forza e quel coraggio

che l’han resa immortale fra i suoi pari:

 

un anno senza Palio è un pasto duro

da digerir per questa città altera,

ma in fondo si può fare, son sicuro

 

se è per tornare ancora, a primavera

ad ascoltar l’incanto di un tamburo

e il dolce mormorio di una bandiera…

martedì 24 dicembre 2019


E' un fatto: se non sai più cosa fare
non ti rimane altro che sognare,
però anche i sogni, per essere perfetti,
dipendon dal pigiama che ti metti,
e i pigiamacci a strisce "basta sia"
di quelli che indossate in Camollia,
portano il sognatore a esagerare
e i sogni non si lasciano avverare
...ringolli e ringolloni con il botto
magari col miraggio di un cappotto!
Non è per cattiveria, mi rincresce
ma è meglio se fai quel che ti riesce:
le cose coi piedoni e con le mani
(Cross dei Rioni, bracieri e Masgalani),
che per il Palio, ormai l'hai dimostrato,
davvero, non ci sei proprio pipato.
Perciò non ti agitar, dormi tranquillo
poi quand'è l'ora ti si fa uno squillo
per un risveglio dolce e un buon ristoro...
auguri, buon Natale e sogni d'oro!!!

lunedì 19 agosto 2019


LEZIONI DI STILE 

Se piovono minacce non mi offendo
(solo dispiace un po’ l’anonimato)
…per qualche insulto certo non mi arrendo,
l’anonimo è pur sempre un ‘ripurgato’, 

un ripurgato e un tristo analfabeta
il qual si appellerà, per guiderdone,
- volendolo pagar di sua moneta -
un pavido, o a dir meglio, un bel ‘merdone’!

Dunque va compatito, piccinino
e se minaccia (senza palesarsi)
bisogna ricordar che è un contadino
e che alla Befa non san comportarsi.

Invece mi stupisce, e son curioso,
che in quel buglion di centomila ‘cime’
non ne sia nato uno spiritoso
capace di risponder per le rime:

è dura, lo capisco, continuare
a fa’ i fenomeni, per questa gente,
che non raccatta un cane da montare
e stringi stringi ‘un conta proprio niente…

ci siam passati tutti: buona sorte
è una girandola che va e che viene
non la puoi sigillare in cassaforte,
fare troppo i gradassi non conviene.

Conviene ridere, di quando in quando
ridere e prendere per il didietro
chi a questo giro ha perso, confidando
che quel che è fatto è fatto e ‘un torna indietro.

Quando la ruota tornerà a girare
chi pria piangeva riderà di gusto
e chi rideva dovrà singhiozzare 
…così funziona il Palio e così è giusto!

Però per chi ‘un sa stare a questo gioco
e quando perde soffia come un toro
un Palio vinto resta troppo poco… 
sarà soltanto e sempre un gazzilloro!

domenica 18 agosto 2019


LEZIONI DI STILE

Cercavo un aggettivo ben calzante
pe’ un certo capitano, e Sacripante
nel senso di gradasso e di spaccone,
di fanfaron, di Rodomonte e di guascone
(cercando di spiegarmi per benino
anche al più tardo e tristo contadino)
parrebbe esser l’attributo giusto,
e visto che ci son mi piglio il gusto
di fare questa piccola domanda
a chi vuol comandare – e non comanda:
a cosa serve fare il prepotente
se sai di già che tanto un conti niente?
A parte tutto non mi sembra bello
pigliar pel naso quei del Pignattello
della Magione e infin di Camollia
dandogli per compiuta un’utopia.
E’ vero che so' duri come il sasso
ma non puoi fare sempre lo smargiasso,
ché se tutte le volte ci ritonfi,
millanti di fantini e di trionfi,
li fai sperare e pregustar la festa
e dopo gli ci carichi “Tempesta”,
con gli anticorpi ormai fin troppo bassi
debilitati da purghe e da “Salassi”
rischi di metterli tra due coperte
…e dopo noi con chi ci si diverte?
Pe ‘un fargli finir subito le pile
‘e bisognava usare un altro stile
più mite, più concreto, più composto
più onesto, insomma, soprattutto a Agosto
(che tra du’ giorni, dopo un po’ di mare,
c'hanno da attaccà i bovi per coltrare)
e dirgli chiaro e tondo, come vedi:
“ragazzi, siamo un’altra volta a piedi, 
altro che Mari, altro che Tittia
che Sanna o Bartoletti in Camollia…
anche a ‘sto giro è andata, in queste sere
possiamo fa' i servizi pel braciere”.
Perché a saperlo nel momento giusto
che anche a piglià Oppio 'un c’era gusto 
che un missile da solo non decolla
che senza il manico non si ringolla
nessuna Lupa, ché è così evidente
che in mezzo ai canapi un contavi niente,
e che era inutile sprecar sospiri
se già sapevi di frenà tre giri:
i gazzillori, allora, tutti in coro
avrebbero evitato per decoro
di uscì di piazza a berci e capriole
e avrebbero intuito, le bestiole,
che Capitan Celesti, zitto zitto
…v’ha messo un’altra volta a buo ritto!

giovedì 25 aprile 2019

Potrei apparire un monomaniaco dell’argomento ma non è così, lo giuro. Desidero semplicemente completare il quadro di quanto, un po’ di getto e preso dal furore e dal travaglio per certe meschinità lette e sentite in giorni difficili, ho frettolosamente abbozzato in precedenza.
Per capire che Radio Radicale non è un organo di partito, o quantomeno non solo un organo di partito, basta ascoltarla per una ventina di minuti a qualsiasi ora, in qualsiasi momento dell’anno. Se fosse un organo di partito non farebbe intervenire in filo diretto con gli ascoltatori – senza censura e senza veline – gli esponenti di tutti i partiti, i movimenti, le sigle dell’arco costituzionale (per usare un’espressione vecchia come il primo topo), da Potere al Popolo a CasaPound. Se fosse un organo di partito, ad esempio, non farebbe curare l’edizione del sabato di "stampa e regime" a Marco Taradash e non farebbe sentire la voce di Emma Bonino, Riccardo Magi, Marco Cappato, Gianfranco Spadaccia e di tutti gli altri Radicali “eterodossi” fuoriusciti dal partito per tentare la strada insidiosa di Più Europa tra le polemiche interne, il fuoco amico e i veleni (tutti rigorosamente messi in piazza senza veline e senza indugio da Radio Radicale). 
Se fosse un organo di partito, ovviamente, non cercherebbe di far parlare – più spesso balbettare – gli esponenti di quel MoVimento 5 Stelle che, tra una gaffee l’altra, intendono mettergli in bavaglio, o per lo meno cercherebbe di farlo solo nell’intento, nemmeno troppo complicato, di prenderli per il didietro, pratica nella quale, con una professionalità ed un controllo talvolta incredibili, a Radio Radicale non indulgono mai. Se fosse un organo di partito il PRTT (Partito Radicale Transnazionale Transpartito) avrebbe tentato di utilizzare parte del finanziamento della convenzione per sistemare quelle pendenze che, ormai da anni, rischiano di portarlo alla chiusura e alla scomparsa… ma non una lira, anzi non un euro di quanto versato dallo Stato alla Radio risulta utilizzato per qualcosa di diverso dal finanziamento delle trasmissioni in convenzione, e questo, con buona pace di Travaglio, è un fatto. Anzi, è un fatto quotidiano, perché tra alterne vicende, tra gli alti e i bassi della politica italiana, Radio Radicale svolge ogni giorno un servizio di informazione imparziale, in maniera assolutamente trasparente, da più di quarant’anni. Radio Radicale, soleva dire Pannella, non serve ai Radicali ma a tutti gli altri! E stupisce che gli internauti più navigati, quelli col like facile e con Wikipedia sempre pronto all’uso, non cerchino almeno su Wikipedia quanto attiene all’emittente incriminata – in mancanza di letture più impegnative. Troverebbero, come apertura della voce “Radio Radicale”, le parole semplici, chiare ed esaustive del solito Bordin:
 «Radio Radicale non nacque per essere "la radio del Partito Radicale", quanto piuttosto per tentare di dimostrare concretamente, attraverso un'opera da realizzare, come i Radicali intendono l'informazione.
Creare un dato emblematico, in maniera sostanziale e non astratta, di quello che il servizio pubblico dovrebbe fare
».
Ecco, il punto è proprio questo: il servizio pubblico non lo fa. Trasmette partite di ogni sport praticabile, ore di dibattiti tra cuochi sull’uso di una spezia o dell’altra, infinite diatribe tra vicini di casa per l’uso del pianerottolo condominiale, tutorials per la costruzione di origami giapponesi, approfondimenti sui più pruriginosi fatti di cronaca e format di moda, motori, gusto e cattivo gusto. Si dibatte nel libero mercato, con risultati più che soddisfacenti, tra l’altro. Compete ad armi pari coi network internazionali e contende alle reti private, a colpi di milioni delle nostre tasse (vedi il canone in bolletta che qualche birbaccione ha imposto ma che nessun bravo amministratore del cambiamento ha poi tolto) gli showman più cool e le showgirl più à la page… e dimentica di fare il suo mestiere, il servizio pubblico appunto. Ai signori Pentastellati (e al simpatico Gasparri, oggi improbabile difensore di Radio Radicale dopo averne chiesto per anni la chiusura) andrebbe ricordato, a tal proposito, che Radio Radicale nacque da una volontà che, almeno nelle intenzioni, li ha fortemente coinvolti negli ultimi anni: il rifiuto del finanziamento pubblico. Come i seguaci di Grillo hanno avuto modo di toccare con mano i rimborsi elettorali non si possono rifiutare e tentare di restituirli, oltre che arduo, risulta spesso poco praticabile, basti pensare a tutti coloro ai quali questi denari sono rimasti – per errore, ci mancherebbe - in tasca. 
A suo tempo i Radicali decisero di utilizzare il finanziamento pubblico per restituire qualcosa di tangibile agli elettori. Non ai loro elettori, a tutti gli elettori, indistintamente, seguendo l’adagio einaudiano, col tempo divenuto vero e proprio mantra Radicale, conoscere per deliberare… ed ecco Radio Radicale. 
E qui mi taccio, sperando di aver almeno in parte restituito qualcosa a quella cinquantina di dipendenti di Radio Radicale che presto perderanno il lavoro – nell’indifferenza proprio del Ministro del Lavoro che, incredibilmente, si rifiuta di incontrarne il Comitato di Redazione per ragionare del problema almeno in termini sindacali, come se si trattasse di lavoratori di serie B, perché, come ha detto il solito Travaglio, non sono neppure entrati in radio per concorso ma sono stati scelti dal Partito… altro che servizio pubblico: possono pure scoppiare!

mercoledì 24 aprile 2019

Di solito evito di commentare e di espormi. Un po’ perché, probabilmente, in certe cose sono poco coraggioso. Un po’ perché mi pare che ci voglia una buona dose di presunzione per immaginare che a qualcuno interessi davvero ciò che ad un qualsiasi me può balenare nella mente ogni mese, ogni settimana, ogni giorno… ogni momento insomma. Non sono uno scrittore, questo è certo, ma sicuramente sono un lettore, un lettore di tutto, anche di post. 
In questi fantomatici post, per qualcuno addirittura da annoverare tra i nuovi esempi di letteratura popolare contemporanea, talvolta ci si confronta con una vera urgenza di comunicare, e fin qui tutto bene. Il più delle volte, però, ci si imbatte in semplici esercizi di stile, meri tentativi di narrativa da salotto o di polemica da bar nobilitata dall’atto stesso di “pubblicare”. E d’altra parte sono state dette e scritte milioni di parole sul fenomeno dei social che ci rendono potenzialmente tutti “giornalisti d’assalto”, semplicemente valendoci di qualche idea - spesso presa in prestito - e di un motore di ricerca unito ad un po’ di taglia e cuci. Ecco, forse sono poco social; forse sono affezionato ai giornalisti veri, quelli come Massimo Bordin, per intenderci; forse sono semplicemente un vecchio. 
Essendo vecchio, dunque, in questi giorni, mentre tentavo invano di stuccare le decrepite travi del soffitto di casa mia, ascoltavo beatamente Radio Radicale. Non poter godere più dell’ironia graffiante e bronchiale di Bordin toglie e toglierà buona parte del piacere, è vero, ma Radio Radicale, come è stato detto da voci ben più autorevoli della mia, resta la più importante università popolare della politica che questo paese abbia mai avuto e, temo, avrà mai. Seguendo l’esempio e il consiglio di mio padre, spesso lontanissimo dalle idee Radicali ma sempre propenso ad utilizzare la Radio di Pannella come strumento imparziale di conoscenza, ho ascoltato Radio Radicale ogni volta che ho potuto, dai lunghi viaggi in treno ai brevissimi spostamenti in macchina, disegnando, mangiando, riposando e lavorando. 
Domani, forse, non la potrò ascoltare più. 
Già questo è causa sufficiente di dolore e di tristezza senza bisogno delle bestialità di Travaglio il quale, è bene ricordarlo, pur avendo più difetti che pregi, non è certo uno sciocco. E’ evidente, dunque, che la parzialità delle sue affermazioni, la semplicistica analisi di una situazione così complessa (omettendo le questioni relative alla pubblicità, ad esempio, o l’eccezionale valore aggiunto anche solo dell’archivio di Radio Radicale, al di là del servizio quotidianamente reso ai cittadini), lo stesso paradossale paragonare il Fatto Quotidiano ad un servizio pubblico (quello che la RAI non ha mai svolto, per intenderci), sono accorgimenti che rientrano nel tentativo di dare un giudizio mostruosamente di parte senza mistificare, si badi bene, ma semplicemente omettendo informazioni. 
Anche sentir parlare di piagnistei, di strumentalizzazione della morte di Bordin da parte “dei Radicali e dei loro amici” e di altre amenità consimili provoca dolore e tristezza (e anche un po’ di sdegno, onestamente), ma sicuramente Bordin saprebbe commentare certe uscite come si conviene. 
Quello che mi risulta davvero agghiacciante, però, è la tranquillità, la leggerezza con la quale Travaglio si chiede perché Radio Radicale non si decida ad andare sul mercato come tutte le altre emittenti e, se nessuno (leggi pochi) l’ascoltano, non si limiti a chiudere i battenti. 
Dunque la questione suona pressappoco così: per svolgere un servizio pubblico che praticamente tutti tranne il MoVimento 5 Stelle (con molti pareri contrari anche al suo interno, grazie al cielo) ritengono fondamentale e indispensabile e che nessuno (NESSUNO) ha mai voluto fare, Radio Radicale dovrebbe andare sul mercato, cercare sponsor e pubblicità. Se poi, come è prevedibile, gli sponsor non dovessero ritenere appetibile il finanziamento di un network che trasmette solo, si fa per dire, i lavori delle aule e delle Commissioni, le conferenze stampa, i congressi di TUTTI i partiti, i processi, gli approfondimenti in materia geopolitica e compagnia cantando… che chiuda e buonanotte suonatori: è segno che il grande pubblico non apprezza il prodotto, che il prodotto è fuori mercato, che il prodotto deve uscire di produzione o rinnovarsi. Potremmo allora immaginare Radio Radicale con programmi di musica pop o con dirette di eventi sportivi… un prodotto nuovo.
Ma Radio Radicale non è un prodotto, e Travaglio lo sa bene. Non si tratta del “mandarinetto” che va di moda per cinque Natali e poi non lo beve più nessuno. Non è un vestito che si può svecchiare con qualche volant
Radio Radicale è un servizio unico e preziosissimo, è un deposito di idee, è un archivio di interviste, è un’occasione di confronto, è il luogo del contraddittorio - concetto quasi del tutto estraneo a Travaglio, più uso al colpo di teatro, al monologo o meglio al comizietto, affascinato più che altro dalla propria voce. 
E cosa accadrebbe se si seguisse questo atteggiamento per tutto? Si smetterebbe di stampare Proust o Petrarca o Montale, roba da professorini e intellettualoidi un po’ snob, perché il grande pubblico legge più che altro Fusco o Malvaldi, quando va bene. Si chiuderebbero anzi le biblioteche – le librerie stanno già chiudendo – perché al grande pubblico basta Wikipedia. Non parliamo poi degli Archivi di Stato, roba che interessa una minoranza veramente esigua dei cittadini italiani ma che le tasse di tutti contribuiscono a mantenere aperti: perché non sgravare le tasche dei contribuenti di questo peso e ricorrere al crowdfunding?
Di mostre e musei, poi, è meglio non parlare; se si escludono il Louvre, la National Gallery, i Musei Vaticani e gli Uffizi, dove è importante andare per poter dire di esserci andati, il resto è roba dai numeri impresentabili. E’ risaputo che la stragrande maggioranza dei musei pubblici italiani è semplicemente un costo, lontanissima non dico dall’idea di guadagno ma dalla semplice autosufficienza: chiudiamoli e non parliamone più!
Chiudiamo i musei e le accademie, novelli futuristi, e come i futuristi aspetteremo la guerra, sola igiene del mondo. 
Chiudiamo le piccole testate di opposizione e Radio Radicale, coi suoi noiosissimi programmi, col suo incomprensibile archivio, con le sue tediose dirette dal Parlamento, perché alla fine chi se ne frega di sentire con le nostre orecchie quello che accade in Parlamento se tanto ce lo raccontano (con parole loro) i molti Travaglio. E quando finalmente, in barba al motto radicale “conoscere per deliberare” saremo circondati soltanto da un profluvio di tatuaggi, Fast and FuriousChampions League Masterchef, col placet di Travaglio e l’inatteso aiuto del cittadino Crimi (altro che Berlusconi) avremo finalmente realizzato la profezia di Licio Gelli: un mondo di ignoranti e inconsapevoli è molto più semplice da manovrare! 

mercoledì 6 marzo 2019


La satira, credi, non è una chimera
è solo lo specchio di una cosa vera
riscritta alla luce di un caleidoscopio
di frasi e figure che vedo e ricopio,
mettendoci cuore, lavoro, entusiasmo
un po’ di umorismo e parecchio sarcasmo.
Or dunque, all’inizio decido un soggetto
lo studio un pochino e poi mi ci metto:
per fare una sapida caricatura
è d’uopo accentuarne la vera natura
ma state tranquilli, l’intento più puro
non è certo offender qualcuno, lo giuro.
Lo scherno, se è anonimo, è giusto non piaccia…
e proprio per questo ci metto la faccia
(d’altronde a mio nome lo scherzo è palese,
lassù in Camollia ne han fatto le spese),
e quando son gli altri il bersaglio da usare
non si è mai sentito qualcun protestare.
Ma quando si prende a grattar certe rogne
chi prima rideva… si perde in rampogne!
E’ vero, talvolta qualcuno si offende
o per meglio dire un po’ se la prende.
Però chi possiede del discernimento
fa finta di niente ed aspetta il momento:
ingozza e sorride, ché piaccia o non piaccia,
non sempre può rendersi pan per focaccia.
E per mantener dignità ed eleganza
di certo non cede alla trista lagnanza.
Figurati poi se propone censura…
è solo una via per far brutta figura
(inoltre è evidente, chi si agita e raglia
di certo nasconde la “coda di paglia”).
Al gioco o si sceglie un onesto abbandono
oppur ci si ingegna a rispondere a tono:
soltanto chi è un vero coglion si deprime…  
chi ha testa potrà replicar per le rime!!!

martedì 26 febbraio 2019


Io penso questo:
(sarò immodesto) 
ma in versi o in prosa
se c’è una cosa
che non si svia
è l’ironia: 
non c’è censura
che faccia cura
…trova una falla
e torna a galla!
Pensa Boccaccio,
da toscanaccio:
a duchi e conti
faceva sconti?
No, li sfotteva
E ci rideva!
E a Siena, ecco,
l’ha fatto Cecco, 
senza curarsi 
di accomodarsi
coi signoroni,
ma di ceffoni
li facea stretti
coi suoi sonetti!
E il grande Ariosto?
si fece posto
con la sua arte.
Satire a parte
ha scritto rime,
degno “mangime”
per l’intelletto
di chi lo ha letto.
Pulci lo stesso
ci si era messo…
ma poi l’han fatto
passar per matto.
Per tutti i gusti
ne ha scritte Giusti.
Poi fu Collodi
tra viti e chiodi,
a fare crocchio
col suo Pinocchio:
un burattino 
che, era destino,
mettesse in mostra
tutta la nostra
storia di affetti,
virtù e difetti!
E poi, ribussa,
ecco Trilussa
mettere in scena 
tutta un’arena
di storie arcane
bestiali e umane.
E ancora avanti
scritti brillanti,
sarcasmo fino…
pensa a Calvino
coi suoi “antenati”
lì, squadernati,
non per mostrare
solo le tare,
ma suppergiù
vizi e virtù
della realtà: 
la società!
Scrittori rari
come Rodari,
autori “freschi”
come Guareschi.
Credi, davvero,
ce n’è un intero
abbecedario:
lo straordinario
è che il gran lusso
di questo flusso,
questa gran vena,
è ancora in piena
perché decide 
sempre chi ride,
e a chi ci “sforma”
-secondo norma-
certo gli tocca
batter la bocca!
Diga non chiude, 
sforza, delude,
fa da grancassa
…e l’acqua passa!

venerdì 4 gennaio 2019


BEFANA 2019

...e in Camollia, anche in questa occasione
solo purganti e un bel po' di carbone!!!